«Su Dubai il sole non tramonta mai», recita lo slogan di Dubai World, la holding statale che controlla colossi del real estate, della logistica, della finanza e dell'energia nel piccolo emirato arabo. Ma più che con il sole, ora Sua altezza lo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum deve fare i conti con lo scoppio della bolla immobiliare. Anzi, meglio dire con l'evaporare del business del real estate su cui Dubai ha puntato gran parte del suo futuro. E che adesso rischia di far tramontare il sole sulle immense ricchezze degli emiri, inguaiando anche gli investitori occidentali.
Dubai World, il cuore finanziario dell'emirato, zavorrata da 59 miliardi di dollari di passività (il 70% dell'intero debito statale) ha chiesto ai creditori una moratoria di sei mesi sul debito e sta cercando di rinegoziare le sue posizioni, compreso un bond islamico da 3,52 miliardi della controllata Nakheel Properties, in scadenza il 14 dicembre.
Una mossa che non poteva restare senza conseguenze. Standard & Poor's è intervenuta sottolineando che una simile ristrutturazione equivale, nei fatti, a un default. Risultato? I Credit default swap sul debito sovrano a cinque anni sono letteralmente entrati in orbita a quota 571: il sintomo che cresce il rischio di insolvenza. In salita anche i Cds a cinque anni del vicino Bahrein.
Sui mercati finanziari è scattato l'allarme, a causa dei timori per il coinvolgimento di grandi banche proprio sulla base di una esposizione al debito dell'emirato. Rispetto a questo tema, è intervenuta di nuovo Standard & Poor's che ha messo sotto Credit Watch negativo (cioè sta valutando la situazione per definire se modificare il merito di credito) alcuni importanti istituti finanziari della zona. La Emirates Bank International, la National Bank of Dubai, la Mashreqbank e la Dubai Islamic bank. «La rating "action" - si legge nella nota di S&P's - è la conseguenza della grande esposizione che queste banche hanno nei confronti di Dubai World e della controllata Nakheel, in particolare con riferimento ai rischi che la proroga del debito» crea agli istituti in questione.
Fin qui le istituzioni finanziarie in Medio Oriente. Ma quale la sitazione nel vecchio Continente? Le prime stime sulle potenziali perdite delle banche più esposte, calcolate da Credit Suisse e riportate dall'agenzia Dow Jones, parlano di circa 40 miliardi di dollari. Secondo il Financial Times, Hsbc è tra le banche straniere con maggiori investimenti in Dubai (esposizione per 17 miliardi di dollari). Seguono: Standard Chartered (7,8 miliardi), Barclays (3,6 miliardi), Royal Banck of Scotland (2,2 miliardi), Citi (1,9 miliardi), Bnp Paribas (1,7 miliardi), Lloyds (1,6 miliardi). Quanto ai portafogli crediti immobiliari/residenziali gli analisti di Ncb Stockbrockers hanno calcolato che Standard Chartered è la più esposta con il 7% del suo totale negli Emirati arabi uniti, poi Hsbc con il 2%, il trio Barclays, Rbs e lloyds con meno dell'1 per cento. Ovvio che in questa situazione i Cds sono saliti: quello legato a Hsbc è cresciuto a 57 punti (+3), quelli di Standard Chartered a 74 punti (+9), Barclays a 87 punti (+5).
Molte di queste banche hanno sostenuto, nei primi commenti rilasciati, che le esposizioni reali sono limitate. Così com ' è limitata la presenza di Impregilo, tra le aziende italiane che, nelle sale operative, vengono indicate tra quelle attive negli Emirati Arabi Uniti: «Stiamo terminando la costruzionedi un impianto di desalinizzazione, già realizzato al 90% - fanno sapere dall'azienda -. La nostra posizione laggiù è assolutamente marginale».
Tornado al mondo delle banche, se si guarda alla lista di quelle che hanno giocato un ruolo in operazioni di ristrutturazione del debito per conto di Dubai World (la più recente è di giugno 2008, 5,5 miliardi di dollari), ci sono tutti i player più noti, in particolare della City londinese, ma non solo: Hsbc, Rbs, Lloyds, Ing, Calyon (Crédit Agricole), Mitsubishi Ufj, Sumitomo Mitsui, Emirates Bank e Mashreq Bank. E c'è anche Deutsche Bank, come riporta Dealogic, fra i big continentali coinvolti in bond e finanziamenti a debito nell'area. Secondo gli analisti di Crédit Suisse gli istituti finanziari potrebbero vedere lievitare del 5% gli accantonamenti per crediti inesigibili nel 2010, pari a 5 miliardi di euro dopo le tasse, se perdessero la metà dell'esposizione stimata.
Una situazione che, giocoforza, ha avuto un'immediata conseguenza sul mercato del credito. Si è assistito immediatamente al concretizzarsi della strategia "fly to quality". Il rendimento del Bund decennale tedesco è sceso a 3,18%, rispetto al 3,24% di ieri: cioè gli investitori sono corsi a comprare il debito dello stato in Europa considerato più solido sotto il profilo economico. Un boom di domanda che ha fatto salire le quotazioni e, ovviamente, scendere lo yield. In deciso ampliamento lo spread su Grecia e Irlanda, salito rispettivamente a 200 e 165 punti base. In leggero rialzo anche quello sull'Italia a 87 punti. Ma per il nostro Paese la situazione è molto migliore a quella del marzo 2008, quando l'Italia era lo stato più a rischio in Europa.
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